CHI SONO

Mi chiamo Manuela e sono nata negli anni ’50, praticamente con l’ago in mano. Dato che allora a scuola alle bambine si insegnava anche a cucire, il mio primo ricamo risale alla II elementare: da questo incontro è nato un amore a prima vista, destinato a durare tutta la vita.
Da allora sono passati parecchi decenni, ma non ho mai smesso di praticare i cosiddetti “lavori femminili”: ricamo, cucito, maglia, uncinetto, patchwork e via dicendo.
Nel corso del tempo dalle mie mani sono usciti centinaia di capi di abbigliamento, accessori per la casa e oggetti di arredamento, uno diverso dall’altro, interamente realizzati a mano, ricamati, impreziositi da decorazioni originali, che ho creato per me, per amici e familiari, talvolta anche su commissione per alcuni negozi.

LO ZAMPINO DELLA GENETICA
A onor del vero, la passione per fili e tessuti probabilmente non è tutta merito mio, perché forse in parte dipende anche dalle leggi dell’ereditarietà: le mie nonne infatti erano entrambe abilissime in questo genere di lavori.

Nonna Ida, vissuta a cavallo fra ‘800 e ‘900, era una ricamatrice, specializzata nella realizzazione di corredi “bianco su bianco”, mentre Nonna Maria, la cui lunghissima vita ha abbracciato tutto il Novecento, insegnava alle ragazze da marito la cosiddetta “economia domestica”, concetto assai vasto, che includeva tutte le nozioni ritenute indispensabili per diventare buone spose, eccellenti madri ed ineccepibili organizzatrici della vita familiare: cucina, pulizie, pratiche igieniche, gestione del bilancio domestico, allevamento ed educazione dei figli, giardinaggio, cucito, ricamo e lavori a maglia.
Proprio da nonna Maria ho ricevuto le prime basi, per poi proseguire da sola spinta da un sacro fuoco, sperimentando e imparando quasi tutto da autodidatta, e dedicando ai lavori femminili la maggior parte del tempo libero dagli studi prima, dal lavoro e dalla vita familiare poi.

Quando ero in spiaggia, ricamavo sotto l’ombrellone. Davanti alla TV, alla sera, non sono mai potuta stare senza un lavoro in mano, ed ho spesso sfruttato anche i ritagli di tempo, ad esempio quelli sul treno, per sferruzzare o dedicarmi al punto croce.

INSIEME NELLA BUONA E NELLA CATTIVA SORTE
I lavori d’ago però per me sono stati ben di più di un passatempo, per quanto importante e significativo. Infatti la fantasia, la concentrazione e la pazienza che la creatività manuale richiede hanno rappresentato per me un toccasana nei momenti più tristi dell’esistenza, un rimedio al dolore fisico e morale, una compagnia nei periodi di solitudine interiore, un aiuto nel superare gli attimi di crisi, concedendomi pause di serenità mentre ero intenta al lavoro, e autentica gioia nel contemplare l’opera ultimata.

Quando invece la vita mi ha regalato momenti di felicità e di pace, come un nuovo amore, un successo professionale, o la nascita di una figlia, le mie “creature tessili” li hanno condivisi con me e non di rado hanno contribuito a renderli ancora più belli.

Di pari passo con l’aumento dell’abilità e col miglioramento delle capacità tecniche, crescevano anche la curiosità e il desiderio di cimentarsi in nuovi progetti… mentre gli armadi e gli scaffali di casa si riempivano di stoffe, libri e riviste, matassine di cotone, gomitoli, attrezzi particolari, cartamodelli, pizzi, nastri e bottoni, e poco a poco una stanza della casa si è trasformata definitivamente in atelier.

UN’ARTE POLIEDRICA: IL PATCHWORK
Nel mio percorso creativo il patchwork è un’acquisizione "recente”, perché risale soltanto a una quindicina d’anni fa, ma da quando l’ho incontrato non l’ho più abbandonato, perché lo trovo una forma d’arte particolarmente versatile e in sintonia col mio modo di essere.

Il patchwork infatti permette di creare composizioni “pittoriche” con ago e filo anziché coi pennelli, può essere realizzato a macchina o mano, consente il connubio con materiali diversi ed altre tecniche tessili, come il ricamo, lascia liberi di sbizzarrirsi fra tessuti colorati di vario tipo, inclusi quelli avanzati da precedenti lavorazioni o recuperati da capi di abbigliamento smessi, abitua a concepire progetti in termini geometrici, ed infine è ideale per creare una miriade di oggetti utili nella vita di tutti i giorni.

Infatti, da quando l’universo dei quilt è entrato nella mia vita, giocando con lino, seta, cotone, filati sintetici e pizzi ho ideato e realizzato copriletti, tovaglie, copridivano, pannelli, tappetini, testate per il letto, borse e cuscini. Molti di questi oggetti ora abbelliscono la mia casa, oppure hanno trovato una loro splendida collocazione presso amici e familiari. Altri ancora sono stati acquistati da persone che capiscono il valore della creatività manuale e sanno apprezzare il valore dei pezzi unici.

UNA DIMENSIONE ARTISTICA
Fare patchwork per me non è più soltanto un hobby o un’attività creativa: ormai è un esercizio mentale, una forma di meditazione, una ricerca di sé, un modo per dare forma all’inconscio, esprimere emozioni e frammenti di anima, estraniarsi dal mondo o viceversa immergersene completamente, dare una diversa dimensione al tempo, rivivere attimi del passato trasformandoli in immagine e colore. Insomma, è un’arte a tutto tondo. Tessile, ma pur sempre arte.

2 commenti:

Jessica ha detto...

Molto bello quest'angolino dedicato alla genealogia, carine le foto d'epoca.
Secondo me le abilità che le nostre antenate hanno coltivato con tanta cura per anni un piccolo segno nel DNA lo devono aver lasciato ;-)

eliana ha detto...

Bravissima Manuela!
Mi son emozionata molto leggendo il tuo percorso creativo, è davvero un' arte a tutto tondo, come dici tu.
Non ha niente da invidiare alla pittura, anche qui c'è metodo, disciplina, fantasia e... il fuoco sacro è indispensabile!